Dopo dieci giorni di guerra, la Russia ha annunciato una tregua di 5 ore, stamattina, per permettere l’evacuazione dei civili da Mariupol e Volnovakha, due località sotto assedio e bombardamenti.

L’iniziativa però non è mai partita a causa di varie violazioni della tregua da parte delle forze russe, che continuano a bombardare la città e i dintorni, sul percorso previsto per il corridoio umanitario.

Domani dovrebbero svolgersi altri colloqui tra le delegazioni ucraine e russe, mentre lunedì si riunirà il consiglio di Sicurezza dell’Onu.

In questa giornata si rilevano, inoltre, due fatti importanti. Il primo ha visto la Russia sequestrare un ospedale psichiatrico ucraino. Il secondo riguarda invece il premier israeliano Naftali Bennett, che è volato a Mosca per incontrare Putin. Nei giorni scorsi Bennett aveva parlato anche con il presidente ucraino Zelensky.

 

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Fonte: Ogliastra News Michela Girardi

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Esiste un antico filo della memoria tra Santa Maria Navarrese e la Spagna.

Un legame che ha sempre avvertito dalla più tenera età Irene Pili, 25enne originaria della frazione di Baunei, da qualche anno trasferitasi nella penisola iberica.

Dopo aver conseguito il diploma nel 2015, grazie al programma ‘Au Pair World’, è partita in Spagna, in un piccolo paese sul mare vicino ad Almeria e qui fin da subito è stata accolta dalla famiglia ospitante come se fosse una di loro. «I due coniugi, sono sempre stati presenti e disponibili per ogni necessità che io avessi – spiega Irene – mi hanno dimostrato tanto affetto e per me è stato fondamentale in quanto durante i mesi trascorsi con loro è diventato concreto il progetto di iscrivermi all’Università in Spagna, e ho deciso quale facoltà scegliere».

Questo speciale rapporto umano oltre ad essere stato decisivo per il suo futuro ha creato un indissolubile legame con questo nucleo familiare spagnolo. «È un piacere poter tornare da loro e vedere i bambini crescere», rivela la giovane ogliastrina.

Nel settembre del 2016 si è trasferita a Granada per prepararsi ai test universitari e nell’ottobre del 2017 ha iniziato il suo percorso alla facoltà di Fisioterapia nell’Università Cattolica di Murcia, che l’ha portata a conseguire una brillante laurea nell’estate scorsa. Attualmente sta conseguendo un importante master in Neurologia.

Conosciamo meglio Irene e la sua storia.

Cosa ti ha portata ad andare all’estero?

La motivazione per partire in Spagna nasce da quando ero bambina e mi hanno regalato una bambola con il tipico vestito da flamenco. È stato un colpo di fulmine, sono rimasta affascinata da questo Paese e dalla loro lingua, tanto che spesso mi capitava di aprire la cartina geografica della penisola iberica e sognavo di andarci a vivere.

Alle scuole medie iniziavo a progettare lì il mio futuro, anche se ancora non sapevo come fare. La prima opportunità di entrare in contatto con questo Paese è stato grazie al gemellaggio ‘Comenius’ all’età do 16 anni. Ho chiesto insistentemente al professore di farmi partire in Spagna perché teoricamente la mia destinazione sarebbe stata la Francia. Per fortuna il docente accettò la mia richiesta, e ho trascorso dieci giorni a casa di una famiglia a Cordoba. Una volta rientrata da questa esperienza, ero impaziente di poter parlare alla perfezione lo spagnolo e farvi ritorno al più presto. Qualche anno dopo ho frequentato la quarta superiore in un liceo americano in Texas e mi sono sentita pronta per ripartire di nuovo all’estero.

Credo che la motivazione di prendere l’iniziativa di partire all’estero nasce dal modo in cui mia mamma mi ha cresciuta. Grazie alla lettura dei libri ha suscitato in me una forte la curiosità nell’apprendere nuove lingue e culture, stimolandomi nell’intraprendere esperienze lontana da casa. Mia madre mi ha sempre incoraggiata a mettermi alla prova in situazioni fuori dalla zona di confort, in cui ti manca l’elemento principale per socializzare: la conoscenza della lingua. Di conseguenza stimolare la capacità di riuscire a superare ogni barriera.

Di cosa ti occupi in Spagna?

Ho conseguito la laurea in Fisioterapia lo scorso giugno, e attualmente studio e frequento un master in Neurologia nell’Università di Murcia, in ambito di età pediatrica ed adulta.

Come è stato l’impatto con la nuova realtà?

Mi sono sempre chiesta come mai non ho avuto un impatto ‘traumatico’ con il mio trasferimento in Spagna e con questa cultura. La verità è che mi sento parte di questa nazione, come se avessi una piccola quantità di sangue spagnolo. Non mi sento una straniera, ho imparato la lingua con lo stesso accento della zona in cui vivo e questo mi fa sentire ancora più integrata. Questo fatto mi rende felice e di questo sono orgogliosa di me stessa per aver realizzato passo dopo passo il mio progetto.

L’ambiente universitario è simile ad un college americano, l’Università Cattolica Sant’Antonio di Murcia si trova in periferia ed è molto suggestiva perché anticamente era un monastero. Le pause caffè nel giardino di bonsai e aranci, tra le lezioni, sono sempre state la parte preferita della giornata. L’Universitaria è strutturata come un piccolo paese, qui gli studenti di Fisioterapia trascorrono una media di 10 ore giornaliere, è molto accogliente e ti permette di avere tanti servizi.

Ho amici spagnoli di ‘lunga data’ che posso considerare ‘fratelli’ per lo stretto legame che si è venuto a creare, però dopo sei anni continuo a sostenere che noi italiani, in linea generale, siamo più aperti e i rapporti sociali siano molto diversi. L’aspetto che mi piace della Spagna è la loro filosofia di vita, in quanto ogni momento è buono per festeggiare qualcosa. Infatti spesso noto i bar e le piazze gremite di persone. La discoteca il sabato e la domenica pomeriggio è  molto frequenta da giovani e adulti.

L’unica barriera che ancora non riesco a superare, non adattandomi, è la cucina spagnola. Devo ammettere che ogni anno che passa sento l’esigenza crescente del cibo italiano. Per questo quando faccio ritorno a casa in Sardegna, faccio il pieno di alimenti sardi e nazionali, unico contenuto della mia valigia alla partenza. C’è poco da dire, la cucina italiana è molto più varia con sapori più intensi, e questo mi manca tantissimo.

Differenze tra Italia e Spagna?

La  differenza tra Italia e Spagna più importante è l’Università. È programmata molto diversamente, per quanto riguarda la mia esperienza, mi sentivo di essere ritornata alle superiori. Il docente ha una relazione più stretta con l’alunno, non sei un numero. Quando hai delle difficoltà con qualche esame loro sono molto propensi nell’aiutarti ed empatici, gli studenti sono molto seguiti da questo punto di vista.

L’Università spagnola inoltre è molto concreta, dopo il triennio di pratiche e tirocinio svolgiamo un altro anno in più rispetto a quella italiana, questo dedicato interamente al tirocinio. Un altro aspetto notato durante il mio percorso accademico, è stata la coesione e collaborazione tra compagni di corso, nonostante fossimo 240 studenti. Tra l’altro la cerimonia di laurea in Spagna si celebra con tutta la classe, prassi molto simile a quanto avviene nel sistema americano.

Ultimi anni caratterizzati dalla pandemia, come sono stati vissuti dagli spagnoli?

C’è molta confusione a riguardo, perché nonostante ci siano regole severe per le mascherine e vaccini, le discoteche attualmente sono aperte. L’anno scorso in Spagna sono riusciti a diminuire i casi positivi confinando i paesi per quattro mesi. Durante quel lasso di tempo non potevamo uscire dal nostro comune e questa decisione ha migliorato notevolmente la situazione. Attualmente qua si vive come se il virus non esistesse, a parte l’obbligo delle mascherine non c’è nessuna restrizione, ma personalmente evito di frequentare locali affollati. Tra l’altro dopo quattro anni in cui vivevo al centro della città, mi sono trasferita in periferia, lontana dalla ‘movida’ perché dopo la pandemia ho iniziato ad apprezzare il silenzio e la calma che ti può regalare la campagna.

Consiglieresti ai giovani un’esperienza all’estero?

La consiglio sempre, c’è così tanto da conoscere, lingue da imparare, persone da incontrare, che sarebbe veramente un peccato non vivere tale esperienza. Uscire di casa e mettersi in gioco in un ambiente sconosciuto è il miglior regalo che si possa fare a se stessi.

Questo tipo di scelta ti da’ una caratteristica per me molto preziosa: l’empatia. Grazie a questa si diventa più comprensivi verso gli altri, si riesce a immedesimarsi più facilmente nelle situazioni e sofferenze altrui.

Dico questo perché all’inizio di ogni esperienza che ho fatto all’estero, compresa quella negli Stati Uniti, ho apprezzato molto le persone che si sono rese disponibili e avvicinate a me. Avevano avvertito che avevo bisogno di comprensione e di adattarmi alla nuova realtà. Inoltre ho si impara a conoscere se stessi, scoprire caratteristiche del proprio carattere che non si conosceva e aiuta a far crescere l’autostima.

Senti la mancanza della Sardegna e dell’Ogliastra?

Sento la mancanza del mare, dell’aria pulita di Santa Maria e dei miei affetti, mia nonna in particolar modo. La parte difficile di tutte le esperienze lontane da casa è la consapevolezza del tempo che non hai trascorso a casa con la tua famiglia. È molto doloroso ogni volta dire a nonna che parto e vedere la sua espressione del viso cambiare. Anni fa, lei e mio nonno mettevano il tablet di fronte al divano posizionato in verticale, pronti a rispondere nel caso io facessi una videochiamata.

Un auspicio per il tuo futuro.

Non mi immagino ancora in un punto fisso, non ho in mente una città in concreto, però dopo cinque anni a Murcia sento la necessità di nuovi stimoli. Attualmente non tornerei in Sardegna, ma in un futuro lo spero. La qualità della vita che abbiamo nella nostra Isola è unica.

Riguardo il mondo del lavoro, appena concluderò il master mi piacerebbe lavorare nel campo della neuroriabilitazione. Sono molto affascinata dalla fisioterapia neurologica, uno dei tanti motivi per cui ho intrapreso questo percorso accademico è aiutare un paziente a poter riacquistare le funzionalità basiche per l’indipendenza nelle attività della vita quotidiana e nell’ambito sociale. Un buon recupero funzionale e l’integrazione sociale hanno un importante effetto nella psiche e nello stato d’animo della persona. La fisioterapia neurologica per questo si attua su due campi e l’obiettivo è restituire alla persona la possibilità di poter avere una vita degna e mettendo a disposizione gli strumenti per ottenere il massimo delle capacità.

 

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Fonte: Ogliastra News Roberto Anedda

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L’Ogliastra si conferma terra di longevità.

Oggi a Villagrande, “tziu” Mario Firinu, classe 1920, festeggia i primi 102 anni circondato dall’affetto dei propri familiari.

 

L’ultracentenario ogliastrino, allegro ed espansivo, si porta dietro dagli anni passati la grande passione per la fotografia Ama particolarmente i selfie, così può guardarsi nello schermo dello smartphone mentre si scatta.

 

 

 

 

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Fonte: Ogliastra News Mario Marcis

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Una denuncia per indebito utilizzo di carta di credito.

I Carabinieri della Stazione di Baunei hanno denunciato un uomo, originario di Algeri, che aveva carpito i dati della carta di un cittadino baunese dopo un acquisto on line, utilizzando successivamente la carta come se fosse la propria.

I militari della stazione locale sono quotidianamente impegnati anche con attività di sensibilizzazione volte a prevenire truffe e furti in abitazione.

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Fonte: Ogliastra News Mario Marcis

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Una delegazione di donne Ucraine domani mattina a partire dalle 10 sarà all’Emiciclo a Sassari (dove si tiene il mercato di Campagna Amica) e si unirà alla grande Comunità di Campagna Amica per diro no alla guerra e per promuovere la spesa sospesa contadina per le popolazioni Ucraine.

L’iniziativa, che ha visto negli ultimi due anni protagonista Campagna Amica al fianco delle famiglie in difficoltà economica a causa della pandemia, adesso viene rilanciata in tutti i mercati italiani per sostenere e dare il proprio contributo al dramma che si stanno vivendo in Ucraina dove iniziano a scarseggiare le scorte alimentari e ai profughi che stanno arrivando anche in Sardegna.

La Spesa sospesa contadina ricalca il modello dell’usanza campana del “caffè sospeso”, quando al bar si lascia pagato un caffè per il cliente che verrà dopo. Nei mercati di Campagna Amica invece i cittadini che fanno la spesa possono decidere di donare cibo e bevande alle famiglie Ucraine.

Domani nel mercato di Campagna Amica dell’Emiciclo di Sassari sarà presentata l’iniziativa che si svolgerà in tutti i mercati sardi e che coinvolge parrocchie, associazioni, enti oltre al movimenti di Coldiretti dei Giovani e della Donne.

Appuntamento alle 10 all’Emiciclo a Sassari.

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Fonte: Ogliastra News Mario Marcis

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Lo zaino è stato preparato da tempo, ovviamente solo lo stretto necessario. I due pullman invece sono stati caricati di tutta la generosità del popolo sardo. Dai medicinali agli alimentari, tutti i generi di prima necessità.

 

Da Cagliari, stadio Sant’Elia, sono partiti i due pullman diretti verso la Polonia, pronti ad accogliere i bimbi orfani sfollati del Donbass e altre province ucraine. Diversi i volontari presenti, insieme a Ugo Cappellacci, presidente della sezione Ucraina dell’Intergruppo Parlamentare, e il console ucraino Anthony Grande. “Abbiamo fatto richiesta per sino a 200 bambini. Già assegnati 96 e ci sono tante famiglie sarde disponibili ad accoglierli”.

 

I saluti di amici e parenti, la missione ha inizio. Da Cagliari verso Olbia, la nave alla volta di Livorno, poi il lungo viaggio alla volta della Polonia, al confine tra Leopoli e Cracovia. “Si pensa di chiudere tutto il 5 marzo. Lì prenderemo i bimbi e gli adolescenti assegnatici e tra il 7 e l’8 marzo saremo di nuovo in Sardegna”.

 

Generi di prima necessità, sì, per i bimbi. Ma anche album da disegno per allietare le lunghe ore di viaggio. La generosità sarda è tanta, ma gli ospiti non saranno subito affidati alle famiglie che ne hanno fatto richiesta. “In Sardegna si individuerà una struttura pronta ad accoglierli, presumibilmente nel Cagliaritano”.

 

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Fonte: Ogliastra News Roberto Anedda

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Timidissimo vive nelle foreste, soprattutto di latifoglie, nelle zone rocciose montane e nelle valli più impervie della Sardegna. E’ molto agile e veloce nell’arrampicarsi sugli alberi; attivo soprattutto all’alba e al tramonto, meno nelle ore notturne, trascorre il giorno nella sua tana o nascosto tra la vegetazione. Cacciatore infallibile si nutre di vertebrati di piccola e media taglia vivi, come topi selvatici, topi quercini e ghiri, piccoli passeriformi, rettili e anfibi. Anche la pernice sarda, la lepre ed il coniglio, se sono presenti nella zona in cui vive per il gatto selvatico sardo sono prede succulente.

foto di Ignazio Pillitu

Come i suoi parenti domestici, ha l’abitudine di affilarsi le unghie sui tronchi degli alberi, attività con la quale lascia anche tracce olfattive per segnare il suo territorio. Sembra che la sua presenza nell’Isola sia dovuta ai Fenici i quali utilizzavano il gatto africano come animale da compagnia e, a bordo delle loro imbarcazioni, per cacciare i ratti. Probabilmente qualche esemplare fuggito dalle navi fenice si è rifugiato sulle montagne sarde dove si è stanziato evolvendosi in un gatto selvatico con caratteristiche peculiari che lo hanno reso unico. È più piccolo del gatto selvatico europeo, misura infatti 50-70 cm e il maschio pesa fino a 3 chili, mentre la femmina non arriva a 2 chili.

foto di Ignazio Pillitu

Il suo manto è grigio a striature più scure, ha una caratteristica coda, lunga circa metà del corpo, che termina di netto come se fosse tagliata, ma ciò che lo caratterizza maggiormente sono dei ciuffi di pelo più evidenti sulla cima delle orecchie. In sardo si chiama “Pisittu aresti”, gatto selvatico, e vista la sua indole solitaria, la parola aresti viene anche usata per definire le persone poco socievoli. Gli unici momenti di socialità infatti per il Felis Lybica Sarda sono quelli legati all’accoppiamento e all’accudimento della prole. Si riproduce solo una volta all’anno e già dopo tre mesi i cuccioli diventano autonomi.

Il gatto selvatico sardo è molto raro, rientra nelle specie protette grazie a una legge regionale del 1998, ed è molto difficile riuscire a fotografarlo. Le foto dei primi piani sono di Ignazio Pillitu e rappresentano un esemplare imbalsamato del Museo Minerario di Iglesias.

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Fonte: Ogliastra News Roberto Anedda

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Chissà quante volte vi sarà capitato di sentirvi chiedere da turisti, amici della Penisola o stranieri quale fosse il reale significato della bandiera sarda. Quattro mori in campo bianco divisi da una croce di San Giorgio rossa.

Se ne sono dette tante: leggende, forzature, interpretazioni, ad oggi, comunque, la più credibile e veritiera spiegazione è questa: l’origine del vessillo dei quattro mori, simbolo della Sardegna, sarebbe legato alle vicende belliche della Corona di Aragona, che dominò la Sardegna dal 1324 al 1479 (poi dall’unione con il regno di Castiglia nacque la Corona di Spagna). La tradizione vede le quattro teste del vessillo come le teste dei quattro capi saraceni sconfitti e uccisi da re Pietro I d’Aragona nel 1096 ad Alcoraz, dove l’esercito aragonese avrebbe ottenuto la vittoria unicamente grazie all’intervento di San Giorgio che apparve sul campo di battaglia nelle vesti di un cavaliere bianco con una croce rossa sul petto.

Il vessillo sarebbe quindi la celebrazione di quella vittoria. Nel tempo gli Aragonesi rimasero fedeli a San Giorgio. Poi alla fine del Quattrocento gli Aragonesi-Catalani concessero il simbolo dei quattro mori ai Sardi e conservarono i 4 pali rossi in campo giallo come proprio vessillo.

Nel 1718, dopo una piccolissima parentesi asburgica, la Sardegna passò al ducato di Savoia ma mantenne come simbolo la bandiera dei quattro mori. Nel tempo il simbolo è stato più volte interpretato: prima i mori avevano la barba e la corona, poi hanno messo la benda sugli occhi, benda sulla fronte, croce di San Giorgio più grossa, più fine, orecchino nel lobo sì, orecchino no, teste dei mori rivolte a sinistra, teste dei mori rivolte a destra. Interpretazioni, appunto, spesso legate alla connotazione politica dei rappresentanti politici.

Il vessillo da parte dei sardi è quindi un segno di sottomissione alla corona d’Aragona, fatto comunque proprio nel corso del tempo. I Sardi, infatti, sono restii a cambiare questo simbolo che, nonostante qualche piccolo cambiamento, viene mostrato, almeno in certe parti dell’Isola, con grande orgoglio.

C’è però anche chi, coerentemente con le proprie origini, per non accettare simboli di dominazione, avrebbe scelto un altro vessillo: il desdichado, l’albero sradicato simbolo del giudicato d’Arborea, ultimo regno autonomo sardo a resistere alla protervia degli Aragonesi prima e degli Spagnoli poi.

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Fonte: Ogliastra News Roberto Anedda

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Il proprietario del Chelsea, Roman Abramovich, ha confermato che il club di Premier League è in vendita.

L’oligarca russo ha dichiarato che “tutti gli utili” della cessione, al netto dei costi, “verranno interamente devoluti ad una fondazione di cui beneficeranno le vittime della guerra in Ucraina. Ciò include la fornitura di fondi essenziali per i bisogni urgenti e immediati delle vittime, nonché il sostegno al lavoro di recupero a lungo termine”: lo ha annunciato con un comunicato stampa.

Sulla vendita del club londinese, Abramovich, che aveva acquistato il Chelsea nel 2003, ha affermato che “è nel miglior interesse del club la vendita”.

 

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Fonte: Ogliastra News Michela Girardi

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Non solo il fiscalismo statale vessava le finanze già ridottissime dei sardi, ma continue annate agrarie difficili a causa della siccità e l’atavica mancanza di lavoro dei primi anni del ‘900 gettarono le basi per un fenomeno che fino a quel momento era quasi completamente sconosciuto e che non conoscerà tregua fino ai giorni nostri: l’emigrazione. Come scrive Manlio Brigaglia, in Cronologia della Sardegna contemporanea, i quotidiani dell’epoca lanciarono l’allarme sul fenomeno che si stava estendendo in maniera esponenziale. Nei primi sei mesi del 1907 partirono 4325 persone, 2524 dalla provincia di Cagliari e 1801 da quella di Sassari. A settembre dello stesso anno mille minatori di Iglesias si preparavano a partire per sfuggire a una delle tante crisi del settore minerario. Un minatore in Sardegna percepiva mediamente da 1,25 a 1,70 lire al giorno, mentre in Corsica il salario giornaliero poteva arrivare alle 3 lire e mezzo e addirittura in America si diceva ci fossero società che pagavano anche 6 lire al giorno.

Non sempre questi viaggi portavano a un nuovo inizio, i sardi spesso impegnavano tutto ciò che gli restava per pagare la traversata, ma una volta giunti sul posto venivano truffati, a quel punto senza la sicurezza di un lavoro non potevano restare, le autorità locali li reimbarcavano a Marsiglia e da lì poi li riportavano in Sardegna a bordo di navi sulle quali non veniva fornito loro nemmeno cibo o acqua. Si parla di più di 110 anni fa, ovviamente le condizioni in cui i sardi si trasferiscono soprattutto all’estero sono cambiate.

Adesso non sono solo quelli meno istruiti che vanno via. Sempre più giovani con competenze e alta professionalità vanno all’estero per trovare lavoro in aziende o istituti che retribuiscono meglio e soprattutto secondo il merito, i giovani più preparati. Uno studio 2016 rivela che il fenomeno dell’emigrazione è diventato una vera e propria emorragia: in un anno la Sardegna ha perso oltre 5mila abitanti, sono emigrate una media di oltre 400 persone al mese, con il picco a dicembre del 2016, quando hanno lasciato l’Isola, per tornare chissà quando, 994 persone. E non sembra che questo fenomeno ormai centenario, accenni ad arrestarsi.

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Fonte: Ogliastra News Michela Girardi

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